Fori Imperiali - Roma

Curiosità

L’inaugurazione fascista e la “Pasquinata”

Come menzionato nella sezione precedente, poiché nel ‘900 Roma divenne il simbolo dell’Italia completata e moderna e il fascismo si dichiarava erede della Roma imperiale, Mussolini mise in atto una massiccia operazione di rimozione dell’intero quartiere per la realizzazione della Via dei Fori Imperiali.

Per portare a termine questa impresa nei tempi folli previsti dal dittatore, 16 mesi (dal luglio 1931 al 28 ottobre 1932), perché doveva essere pronta per il decennale della “Marcia su Roma”, la concentrazione delle forze fu imponente: 1.500 gli operai lavorarono in condizioni terribili.

Abbiamo anche visto come, in seguito all’inaugurazione della nuova Via, nel 1932 si iniziò a collocare le quattro statue in bronzo degli imperatori che commissionarono i Fori: Cesare, Ottaviano, Augusto e Nerva.

La prima statua ad essere posizionata fu quella di Cesare, e l’inaugurazione avvenne alla presenza di Mussolini e di altre autorità. Ciò che però non viene dichiarato apertamente, è che si narra che l’evento fu oggetto di una “pasquinata”.

Si tratta cioè di una beffa satirica con la quale il popolo esprimeva, non senza un certo spirito di sfida, l’avversione il malumore popolare nei confronti del potere. In questo caso specifico, poiché il popolo romano moriva di fame a causa della dittatura, venne appeso al colle della statua uno sfilatino, che era la forma di un tipico pane romano, con la scritta in dialetto (qui tradotta): “Cesare, tu che hai lo stomaco di ferro, mangia questo pane dell’impero”.

Da Mercati di Traiano a Museo dei Fori Imperiali

I Mercati di Traiano, descritti precedentemente in quest’articolo, ora sono anche sede del Museo dei Fori Imperiali, il quale fa parte del sistema dei Musei in Comune, i musei civici di Roma Capitale.

Dal 1985 ad oggi, nei depositi formatisi nell’area forense dopo gli scavi del Novecento, sono stati documentati in vario modo oltre 40.000 frammenti, che sono quindi stati oggetto di una campagna di documentazione grafica e di attività di restauro conservativo.

Inaugurato nell’autunno 2007, il Museo ospita le architetture antiche dei Fori Imperiali e la loro decorazione architettonica e scultorea. Il complesso occupa sia l’edificio principale, noto come Mercati di Traiano (trattati in precedenza), che l’area archeologica all’aperto che un tempo costituiva una parte della struttura urbana della Roma imperiale.

Il Museo contiene ricomposizioni di parti di edifici antichi, realizzate con frammenti originali, per dare al visitatore la percezione dello stato originario delle costruzioni e delle opere, in particolare della loro tridimensionalità e della potenza dell’aspetto figurativo, strumento della propaganda imperiale.

Nel percorso si intrecciano diversi “itinerari”. Il progetto del Museo venne infatti pensato anche come progetto di comunicazione: l’architettura dei Fori nell’architettura dei Mercati, la storia della città nella storia di un suo “quartiere”.

La visita ha inizio nella Grande Aula con l’introduzione all’area dei Fori Imperiali, ciascuno dei quali è rappresentato da un elemento emblematico. Il livello superiore di questo ambiente è dedicato al Foro di Cesare e al tempio di Marte Ultore nel Foro di Augusto. Sullo stesso piano l’esposizione prosegue con il Corpo Centrale, sezione dedicata al Foro di Augusto, che si presentava come modello dei Fori delle capitali provinciali romane.

Gli ambienti della parte superiore che ospitano il museo hanno goduto, circa un decennio fa, di considerevoli restauri strutturali e conservativi. L’ultima sezione invece, ospitata negli ambienti delle “Aule di testata”, riguarderebbe il Foro di Traiano, a diretto contatto con i resti antichi, in seguito ai dovuti lavori.

Il museo si avvale di un sistema di comunicazione mista, con video pannelli nei quali si mescolano sapientemente tecniche di rappresentazione tradizionali per ricostruzioni grafiche di vario tipo, con l’uso di nuove tecnologie e volumetrie tridimensionali.

Il Tempio del Divo Traiano

Il Tempio in questione non è stato volutamente inserito nella [sezione di questo articolo dedicata agli Edifici e ai Monumenti, in quanto, curiosamente, non si conosce tuttavia il suo aspetto o la sua collocazione.

Si ritiene che all’imperatore Traiano, divinizzato dal Senato, e a sua moglie Plotina, anch’essa divinizzata, venne dedicato un tempio, aggiunto alla piazza del foro da Adriano tra il 125 e il 138. Della struttura ci resta solo l’iscrizione dedicatoria, conservata ai Musei Vaticani.

La teoria più accreditata lo ubicata a nord della Colonna, ma gli scavi sotterranei e gli studi effettuati non hanno ancora hanno evidenziato la minima traccia delle fondamenta. Si pensa allora che sia necessario cercare altrove l’edificio e il suo monumentale ingresso. Secondo una nuova ipotesi, quest’ultimo andrebbe ricercato sul lato opposto a quello ipotizzato, oltre il cortile della Colonna. La questione attende una soluzione dagli scavi in corso.

Una curiosa leggenda dell’epoca, sosteneva che il tempio includesse anche la Colonna solitaria, e che quest’ultima fosse l’unica parte del complesso ad essere sopravvissuta grazie a papa Gregorio Magno (590-604). Pare che quest’ultimo, colpito da una scena in cui si vedeva Traiano aiutare una donna il cui figlio era stato ucciso, pregò per la salvezza dell’anima dell’imperatore. Dio concesse infine la grazia al papa, ma lo ammonì per aver pregato per un pagano, fatto inaccettabile.

Un Ulteriore mito narrrava inoltre, che al momento dell’esumazione delle ceneri, la lingua di Traiano, ancora intatta, avesse raccontato di come la sua anima fosse stata salvata dall’inferno tramite la preghiera di Gregorio Magno. Questo avrebbe permesso alla terra del foro di essere dichiarata sacra e la colonna risparmiata.

La maestosa Tomba di Traiano

Nella sezione di questo articolo dedicata agli Edifici e Monumenti dei Fori Imperiali, abbiamo descritto l’imponente Colonna di Traiano, alla quale si è deciso di dedicare una sezione a parte grazie alla peculiarità e alla funzionalità delle sue caratteristiche.

Si tratta, per esempio, del primo caso di colonna coclide (con scala a chiocciola interna) figurata, che servirà poi come modello per altri monumenti, tra cui la Colonna Antonina di piazza Colonna, sempre a Roma.

E’ noto che spesso i Romani usassero colonne singole e non collegate per adornare i viali più importanti, con sopra bronzi dorati, rappresentanti un simbolo o una divinità. Ma niente, né le colonne decorative, né quelle celebrative, ricorda le inaudite dimensioni e la decorazione del fusto della colonna traiana.

L’esecuzione di una colonna con un fascio figurato di rilievi è, infatti, senza precedenti. Il nastro dell’opera contiene oltre 2500 figure e 155 scene delle varie fasi della campagna dell’imperatore in Dacia. La fascia ha un’altezza che aumenta dal basso verso l’alto cosicché le immagini superiori sono più grandi di quelle inferiori perché per la maggior distanza risultino proporzionate.

Si è scoperto inoltre che era anche possibile comprendere la narrazione senza girare intorno alla colonna per seguire l’intero racconto: bastava semplicemente seguire le scene secondo un ordine verticale, dato che la loro sovrapposizione nelle diverse spire sembrava seguire strategicamente una logica coerente.

Traiano compare circa sessanta volte, in azioni militari e mentre arringa i soldati, oppure mentre presenzia i sacrifici o riceve l’omaggio dei nemici vinti. Il suo atteggiamento è quello dell’uomo investito del comando, mai quello dell’imperatore dotato di potere e natura divini, quale sarà in seguito nell’iconografia imperiale romana. Egli non è mai raffigurato in una posa di esaltazione o di adulazione.

I temi ricorrenti della narrazione erano quelli tipici delle pitture trionfali: la partenza, la costruzione di strade e fortificazioni, le cerimonie religiose, il discorso alle truppe, l’assedio, la battaglia, la sottomissione dei nemici vinti e i bottini conquistati, di beni, di opere d’arte e di schiavi. Spesso queste scene mettevano in evidenza la crudeltà e il saccheggio dei vincitori, autentici documenti della distruzione di un popolo.

Questa grande opera, omaggiata da molti, Bernini per esempio si riferiva ad essa come “alla fonte da cui tutti i grandi uomini avevano tratto la forza e la grandezza del loro disegno”, venne salvata dal l’iconoclastia dei papi solo perché consacrata a una scadente statua di San Pietro, che sostituì la vera statua del grande Traiano.

Alla luce di quanto esposto sino ad ora, non sorprende che tale monumento sia stato eletto per uno scopo estremamente solenne. Contemporaneamente ad una Colonna maestosa, l’opera era infatti anche il mausoleo che raccoglieva le ceneri dei due amati imperatori: Traiano e Plotina, colei che determinò l’erede al trono di Traiano, e cioè Adriano.

La fondazione del Tempio di Marte Ultore e la morte di Cesare

Come accennato in precedenza, il tempio dedicato a Marte Ultore, cioè il Vendicatore, “Colui che dalla sconfitta risolleva”, fu costruito da Augusto in memoria della vittoria di Filippi, nel 42 a.c. per vendicare la morte di suo zio Giulio Cesare. L’assassinio di quest’ultimo fu un evento di grande impatto nella Storia romana e non solo.

Il 15 Marzo del 44 a.C. venne assassinato Caio Giulio Cesare. La congiura contro quest’ultimo era composta da un’ottantina di senatori ed era guidata da Cassio e Marco Giunio Bruto, figlioccio del dittatore perpetuo. I cosiddetti Cesaricidi erano un gruppo eterogeneo di persone: fedelissimi pompeiani graziati al termine della guerra civile, repubblicani, idealisti, ma anche approfittatori e delusi.

Si narra che Cesare fu avvisato della pericolosità delle idi (giorni con cui si indicavano la metà del mese) di Marzo. Segni del cielo e presagi che il nobile dittatore non avrebbe ascoltato, sottostimando il malcontento di alcuni senatori e di molti suoi adulatori. Molti dei Cesaricidi credevano che attraverso il loro gesto avrebbero restaurato le glorie della vecchia repubblica e impedito che si concentrasse il potere su un unico individuo.

Lo storico Svetonio racconta che i congiurati lo circondarono con il pretesto di rendergli onore e subito il politico Cimbro Tillio, che si era assunto l’incarico di dare il segnale, gli si avvicinò, come per chiedergli un favore. Cesare però si rifiutò di ascoltarlo e con un gesto gli fece capire di rimandare la questione; allora l’aggressore gli afferrò la toga alle spalle e mentre Cesare gridava: “Ma questa è violenza bell’e buona!” Casca, uno degli assassini, lo colpì poco sotto la gola.

Cesare, afferrato il braccio di Casca, lo colpì con lo stilo, poi tentò di buttarsi in avanti, ma fu fermato da un’altra ferita. Quando si accorse di essere circondato, si avvolse la toga attorno al capo e con la sinistra ne fece scivolare l’orlo fino alle ginocchia, per morire più decorosamente, con anche la parte inferiore del corpo coperta.

Così fu trafitto da ventitré pugnalate, e secondo alcuni avrebbe gridato a Marco Bruto, che si precipitava contro di lui, la famosissima frase: “Anche tu, figlio mio?”. Dopo l’omicidio si dice che rimase lì per un po’ di tempo, privo di vita, mentre tutti fuggivano, finché venne caricato su una lettiga e portato a casa da tre schiavi.

Le conseguenze dopo la morte di Cesare furono che coloro che pensavano di ristabilire il governo democratico della città andarono incontro ad una grande delusione. Infatti si dice che il popolo pianse l’imperatore e che quasi volesse scannare i Cesaricidi.

Il secondo effetto fu che si aprì una stagione di guerre civili, ancora più sanguinose e violente della precedente, che si sarebbe conclusa con l’ascesa del giovane Cesare Ottaviano, nipote di Cesare e futuro fondatore del Principato, nonché fondatore del secondo Foro e del tempio in questione.

I Fori Imperiali e il Foro Romano

Spesso si pensa erroneamente che i Fori Imperiali e il Foro Romano siano parte di un unico complesso e che siano sinonimi, ma si tratta di una deduzione incorretta. I Fori Imperiali sono in realtà, come accennato nella sezione Introduttiva di questo articolo, una successione di estensioni del Foro Romano, il quale non era più sufficiente nella gestione della Repubblica Romana.

I Fori Imperiali avevano un’organizzazione degli spazi più logica e omogenea rispetto al Foro romano, mentre riprendevano all’incirca le stesse funzioni. Una grande innovazione, con i Fori, è stata la separazione di queste ultime da quelle puramente economiche o commerciali, che attiravano ambienti diversi e meno desiderabili in aree che pretendevano di essere solenni o sacre.

L’antico Foro Romano era antiquato e caotico rispetto a questi nuovi edifici, più organizzati e moderni, ma comunque spettacolare e maestoso. Era conosciuto nell’antica Roma come Forum Magnum, punto d’incontro dei cittadini e centro nevralgico dell’intera civiltà romana. Gli abitanti vi si recavano per partecipare agli affari amministrativi, politici, economici e religiosi che riguardavano la comunità.

Era anch’esso ricco di maestosi edifici, opere e monumenti di diversa epoca della storia romana, nonché collegato alle origini mitologiche della città eterna. Dopo più di un millennio di esercizio praticamente ininterrotto, ciò che rimane oggi del Foro Romano può essere visitato nella zona archeologica che comprende anche il Palatino e il Colosseo.

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