Piazza Venezzia - Roma

Curiosità

Neanche lo spettacolare monumento di Piazza Venezia è riuscito a rimanere incolume dalle battute satiriche tipicamente romane. Scopri con quale termine viene spesso indicato l’Altare della Patria, insieme a molti altri fatti interessanti, come per esempio dove si trovava l’umile casa in cui visse Michelangelo fino alla sua morte.

II Vittoriano: la macchina da scrivere di Roma

Come accennato nella sezione precedente, da lungo tempo il Monumento viene mitizzato come luogo custode dello spirito nazionale ed essenza dei valori di libertà, patriottismo e unità.

Rispettata e valorizzata, quest’opera è stata però spesso messa in discussione, ideologicamente, esteticamente e anche urbanisticamente, perché per fargli spazio furono abbattuti diversi edifici della Roma Medievale e fu risistemata la pianta geografica di Piazza Venezia. A causa di queste modifiche il costo dell’opera passò dai 9 milioni di lire inizialmente preventivati ai 26,5 milioni finali.

Inoltre esso è spesso associato negativamente al fascismo, nonostante il progetto risalga agli ultimi anni del 1800, molto prima che Mussolini si insediasse come capo dello stato. Questo perché il fascismo ripropose come propri, in maniera piuttosto pomposa e prevedibile, molti dei valori rappresentati dal monumento.

Alla luce di ciò il Monumento ha finito per essere noto ai più come “macchina da scrivere” o “torta nuziale”, proprio per il suo colore e dimensioni. A prescindere da queste associazioni, il Vittoriano continua ad essere uno dei monumenti più importanti dell’Italia risorgimentale.

II Milite Ignoto

In questo articolo è stato più volte menzionato il personaggio del Milite Ignoto, per via dell’importanza di quest’ultimo rispetto all’Altare della Patria e al Vittoriano in generale. È importante quindi chiarire maggiormente il ruolo e la storia di questa figura.

Si tratta di un soldato italiano morto durante la Prima Guerra Mondiale, che a causa delle gravi ferite, non fu possibile riconoscere. Egli divenne quindi il simbolo della Patria e di tutti i caduti e i dispersi italiani nelle guerre.

La tomba del Milite venne edificata come monito e memoria dopo la Prima Guerra Mondiale ed è situato all’interno dell’Altare della Patria. In sua difesa vigilano il sepolcro due guardie armate e due fiamme che ardono perennemente.

La salma, scelta tra undici da una donna triestina, Maria Bergamas, che aveva perso il figlio, venne trasferita a Roma fra due ali di popolo. La bara fu collocata qui il 4 novembre 1921, giorno dell’Unità Nazionale e festa delle Forze Armate Italiane.

Arrivata a Roma dopo avere attraversato l’Italia, la bara dell’Eroe della Nazione, portata a spalla da 12 decorati di Medaglia d’Oro al Valor Militare, saliva la scala del Vittoriano.

Sullo sfondo erano collocate le Bandiere di Guerra dei Reggimenti che avevano partecipato al conflitto, le truppe schierate, i reduci, i feriti e una grande folla. Quel giorno, il Soldato Ignoto divenne il simbolo dei 650.000 caduti della Grande Guerra e di tutti coloro che si erano sacrificati per la Patria.

II discorso di Benito Mussolini

Alle ore 18 del 10 giugno del 1940, dai balconi di Palazzo Venezia, Mussolini annunciò l’avvenuta dichiarazione di guerra alla Francia e all’Inghilterra.

Con insidiosa astuzia mediatica, il discorso venne amplificato dagli apparecchi della RadioMarelli nelle principali città italiane: Genova, Torino, Milano, Venezia, Trieste, Bologna, Forlì, Bari, Firenze e Napoli. Dove non arrivò il corpo del duce, intervenne la sua voce metallica.

Alcuni sostengono che avesse fatto le prove davanti allo specchio, nella sua divisa da caporale d’onore della milizia. All’estero la sua dichiarazione di guerra era attesa già da alcuni giorni. In Italia, invece, la notizia si seppe all’ultimo momento: la radio e manifesti frettolosamente affissi per le strade informarono che Mussolini avrebbe parlato agli italiani. Negli ultimi giorni la propaganda si era fatta sempre più martellante.

Cosa indusse Mussolini a condurre l’Italia alla catastrofe? Era totalmente consapevole della totale impreparazione militare del suo Paese. Aveva sfidato le resistenze di molti. Secondo Renzo De Felice, il maggior biografo del capo del fascismo, le ragioni che mossero queste spinte furono essenzialmente due: la Francia ormai in ginocchio, sopraffatta dalle truppe germaniche, e la paura dei tedeschi, in lui sempre più forte. Pare infatti che esclamò “Non possiamo tirarci indietro. Dopo la Francia, potrebbe toccare a noi”.

Con quel discorso pronunciato in un caldo pomeriggio di giugno, Mussolini portò un popolo alla rovina. “Questa è la tragedia della storia italiana”, avrebbe detto Winston Churchill alcuni mesi dopo dai microfoni di Radio Londra. “E questo è il criminale che ha tessuto queste gesta di follia e vergogna!”. Un giudizio storico difficile da smentire.

Il giardino di Palazzo San Marco: Palazzetto Venezia

Molti credono erroneamente che il Palazzo Venezia e il Palazzetto Venezia rappresentino lo stesso edificio. In realtà con quest’ultimo ci si riferisce ad una struttura quattrocentesca, anticamente nota come Palazzetto di San Marco, con cortile interno, concepita da Paolo II nel 1464 come un giardino aperto circondato da un portico a cui fu poi aggiunto nel 1466-68 il loggiato superiore.

Nel 1770 la chiusura di 21 arcate, voluta da Paolo III, dette avvio allo snaturamento del complesso, che, dopo la tamponatura delle rimanenti, prese il nome di Palazzetto. Demolito nel 1909 circa, per fare spazio intorno al Vittoriano, fu ricostruito nel 1911-13 riutilizzando i materiali lapidei.

Il cortile interno è a due ordini di arcate, rispettivamente a pilastri ottagonali con capitelli compositi e a colonne con capitelli ionici, in travertino; al centro, un pozzo scolpito da Antonio da Brescia.

Attualmente il Palazzetto ospita alcune sezioni del Museo del Palazzo di Venezia e l’Istituto nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte. In angolo con l’edificio si trova la statua di Madama Lucrezia, un grande busto marmoreo comunemente noto per la sua appartenenza alla congrega delle statue parlanti (una serie di sculture su cui, fin dal XVI secolo, i Romani affiggevano messaggi anonimi, contenenti per lo più critiche e componimenti satirici contro i governanti).

Identificabile, grazie al nodo isiaco con cui è legato lo scialle sfrangiato sul petto, come un frammento di una statua colossale della dea Iside, risalente al II o III secolo d.C., che aveva il suo luogo di culto nell’Iseo del Campo Marzio.

Il busto venne posizionato intorno al 1500 dal Cardinale Lorenzo Cybo davanti alla basilica di San Marco e successivamente spostato sulla sinistra, dove si trova attualmente. L’appellativo di Madama Lucrezia deriverebbe, secondo una delle tradizioni più diffuse, dalla dama Lucrezia d’Alagno, favorita di Alfonso d’Aragona, re di Napoli, che abitò presso la piazza nella seconda metà del XV secolo.

La statua divenne ben presto la protagonista di alcune manifestazioni popolari romane: il giorno del primo di maggio, in occasione del “ballo de li poveretti” (una sorta di carnevale delle persone appartenenti alle classi basse), essa veniva ornata con collane di aglio, peperoncini, cipolle e nastri. Come le altre cinque statue parlanti di Roma, fu spesso la voce delle pasquinate, pungenti satire contro il governo o personaggi pubblici.

Il Leone di Piazza Venezia

La facciata del Palazzo San Marco è caratterizzata da arcate al pianterreno, da un fregio dipinto a chiaroscuro, dominato da una serie di bifore (finestre suddivise verticalmente) romantiche da cui risaltano due file di finestrelle. Sopra l’ingresso principale della prestigiosa facciata si trova effigiato il Leone di San Marco.

Il bassorilievo risale al XVI secolo, proveniente da un rimaneggiamento della cinta muraria di Padova, fu posizionato al centro della facciata, come emblema della rinascita d’Italia e della Repubblica Veneta.

La casa di Michelangelo Buonarroti

Nell’angolo più appartato di Piazza Venezia, in una rientranza che si trova proprio in prossimità del Foro Traiano, una targa, posta su un lato del Palazzo delle Assicurazioni Generali, testimonia in quel luogo l’antica esistenza della casa di Michelangelo Buonarroti.

Quest’ultimo fu scultore, pittore, architetto e poeta italiano, creatore di opere fra cui si annoverano il David, il Mosè, la Pietà del Vaticano, la Cupola di San Pietro e il ciclo di affreschi nella Cappella Sistina.

La targa riporta “Qui era la casa consacrata dalla dimora e dalla morte del divino Michelangelo. SPQR 1871”. La struttura era situata in Via Macel de Corvi, una strada stretta e tortuosa scomparsa, anch’essa, con le demolizioni effettuate per permettere la costruzione del Vittoriano.

Michelangelo visse in quella dimora per circa mezzo secolo. Gli fu concessa nel 1513 poiché l’artista toscano era legato alla casata dei Della Rovere, per la realizzazione delle statue della tomba del papa in San Pietro in Vincoli. Il progetto, rimasto attivo per tantissimi anni, non si realizzò mai e rappresentò una delle epoche più buie della sua vita artistica.

La casa, in netto contrasto con l’opera di Michelangelo, era molto modesta: comprendeva due camere da letto, la bottega al pianterreno, un tinello e la cantina. C’erano anche una loggia, la stalla e l’orto. L’artista ci visse “povero e solo come spirito legato in un’ampolla”.

La zona era costituita da un fitto intreccio di vicoli in cui Roma esprimeva tutta la propria anima popolare, sia nel bene sia nel male. Esistevano infatti diverse discariche. Lo stesso Michelangelo, descrivendo il fetore che avvolgeva i dintorni della propria residenza, commentò scherzosamente in un suo sonetto che quella sembrava essere una latrina comune.

Eppure in quel luogo Michelangelo non solo visse a lungo, ma lì videro la luce tanti dei suoi più grandi progetti artistici come, ad esempio, il Giudizio Universale o la Pietà. Non cambiò residenza nemmeno quando divenne l’artista più ricercato e ricco di Roma.

In quella casa continuò a vivere come un comune artigiano, senza nessun lusso. Fu tra quelle mura che scrisse i sonetti e le lettere indirizzate a Vittoria Colonna e s’innamorò di Tommaso de’ Cavalieri, che lo assistette fino alla sua morte, alla soglia dei novant’anni.

Piazza Venezia e il Cinema

Come accennato in alcuni dei nostri articoli, Roma è spesso stata scelta dai registi come set per la realizzazione di film sulla cultura romana e non solo.

Uno dei personaggi caratteristici della capitale, è sempre stato il vigile urbano, detto bonariamente Pizzardone, che dirigeva il traffico dall’alto della sua pedana, posta al centro della strada.

Il Pizzardone per eccellenza, considerata la collocazione geografica di Piazza Venezia e i vari incroci che la circondano, era proprio il vigile della Piazza.

Questo personaggio viene rappresentato in diverse opere cinematografiche che hanno contribuito a forgiare la storia della commedia italiana. Tra queste ricordiamo appunto Il Vigile in cui troviamo Vittorio de Sica e Alberto Sordi. Quest’ultimo appare anche accompagnato da Nino Manfredi in un altro importante film, questa volta di Mauro Bolognini.

La saga cinematografica di Mission Impossible, pare abbia scelto l’Italia per le riprese di alcune delle scene più spettacolari del suo ultimo capitolo. Uno dei set su cui è stato visto l’attore principale, Tom Cruise, è proprio Roma e pare che Piazza Venezia sia al centro di alcune scene.

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