Edificici e monumenti
Edificici e monumenti
Come accennato, Piazza Navona è ricca di maestosi edifici, opere e monumenti di diversa epoca della storia romana. Alcuni dei più rilevanti sono stati citati nella sezione storica di questo articolo e verranno di seguito esposti in modo più dettagliato.
Palazzo Braschi, Museo di Roma
Prima del Palazzo Braschi, venne costruito a Roma nel 1435 il Palazzo Orsini, che prese il nome dal prefetto che diede l’avvio ai lavori di costruzione. Il suo ingresso principale dava proprio su Piazza Navona.
La struttura venne demolita nel 1791 per volere di papa Pio VI e suo nipote Luigi Braschi-Onesti e venne fatto costruire un altro edificio progettato dall’architetto Cosimo Morelli. I lavori si conclusero nel 1804 e diedero vita a uno degli ultimi esempi di nepotismo pontificio (vennero infatti usati anche finanziamenti della chiesa): il Palazzo Braschi.
Durante l’occupazione francese, numerose opere d’arte vennero spedite in Francia come parte delle spoliazioni napoleoniche (furti da parte dell’esercito francese nei territori del Primo Impero Francese), e la maggior parte di queste non fece più ritorno.
Dopo essere stato venduto al Regno d’Italia nel 1871 e adibito a sede del Ministero dell’interno, durante la dittatura fascista il palazzo divenne residenza di alcune istituzioni del regime e ospitò provvisoriamente la Madonna del Fascio. Nell’autunno del 1943 venne convertito in sede del Partito Fascista Repubblicano e ospitò il quartier generale della Guardia Armata di Palazzo Braschi, una delle bande di repressione attive nell’Italia fascista.
Con la fine della guerra, fino al 1949, il palazzo fu abbandonato e occupato da vagabondi e sfollati, che danneggiarono e rubarono molti degli affreschi del palazzo. Nel 1952, invece, la sede del ministero fu trasferita presso il palazzo del Viminale e Palazzo Braschi divenne sede del Museo di Roma.
Quest’ultima grandiosa architettura, ospita oggi la più importante collezione di testimonianze legate alla storia artistica e alla vita di Roma dal XV secolo fino agli inizi del XX: il cortile suggestivo, le stanze dipinte con la loro originale decorazione a tempera e i delicati stucchi espongono oltre 100.000 opere tra sculture, incisioni, dipinti, disegni, mobili, carrozze e berline, pezzi di antiquariato e affreschi.
L’architetto Giuseppe Valadier contribuì alla costruzione di un simbolo peculiare del palazzo: lo scalone monumentale con le antiche statue adornato con sofisticati rilievi in stucco per i quali l’autore Luigi Acquisti si ispirò al mito di Achille e all’Iliade.
Sant’Agnese in Agone
La chiesa di Sant’Agnese in Agone fu fondata, secondo la leggenda, sul luogo in cui, nell’anno 304 d.C. fu martirizzata la tredicenne Agnese, evento che verrà approfondito nella sezione *Curiosità* di questo articolo.
La struttura venne edificata, sopra le fondazioni di una basilica paleocristiana sorta prima del VIII secolo e poi ricostruita nel XII secolo per volere di Callisto II. Intorno all’anno 1000, quindi, possiamo vedere una piccola, primitiva chiesa di Sant’Agnese in Agone.
Il papa Innocenzo X intraprese nel 1644 la costruzione di un palazzo per la propria famiglia sulla piazza dove era già stata costruita la splendida fontana del Bernini. Poco dopo, nel 1651, il pontefice decise di erigere una nuova chiesa sui resti della piccola basilica di Sant’Agnese.
La chiesa ebbe un primo progetto disegnato nel 1652 da Girolamo Rainaldi (1570-1655) in stile barocco. Il committente fu appunto Innocenzo X Pamphili, il cui monumento funebre si trova all’interno della Chiesa.
L’obiettivo da parte della famiglia Pamphili era quello di trasformare quest’ultima nella loro cappella privata e fu così che il papa decise di passare l’incarico a Francesco Borromini nel 1653. Quest’ultimo demolì la parete frontale della chiesa costruita dai Rainaldi e progettò ex-novo una facciata di complessa plasticità, che ancora oggi ammiriamo.
L’interno della chiesa diede un’impressione di vastità a causa della luce che si diffondeva dalle finestre della cupola. Innocenzo X, inoltre, fece creare una finestra nella sua camera privata del Palazzo in modo che lui potesse assistere alla messa da quella località.
Da notare, inoltre, che fu costruita una scala che conduce al sotterraneo, antico oratorio medioevale sorto sul luogo del martirio di Sant’Agnese. Infine, bisogna ricordare che le campane della chiesa provenivano dalla Cattedrale di Castro, principato farnesiano nel Viterbese, che fu distrutto su ordine del Papa.
In questa chiesa dal fasto quasi eccessivo, prevale l’uso dei marmi dal colore caldo. Il Bernini, con una commissione composta da architetti, sostituì brevemente il Borromini ma non alterò l’unità del capolavoro di quest’ultimo.
Egli si limitò infatti a vivacizzare l’interno della chiesa con dorature, sculture e una profusione di marmi policromi. Inoltre, commissionò ad altri gli affreschi della chiesa e della cupola. L’interno della chiesa è un bellissimo museo di sculture barocche, che formarono un capitolo importantissimo nella storia artistica del diciassettesimo secolo.
La sfarzosa Chiesa comprende infine quattro cappelle (di Sant’Agnese, di San Filippo Neri, di Santa Francesca di Roma, e di San Sebastiano) e cinque altari (Altare Maggiore, l’Altare dedicato a Santa Emerenziana, Santa Cecilia, Sant’Eustachio e Sant’Alessio).
Il Palazzo Pamphilj
Tale edificio, appartenente alla facoltosa famiglia Pamphili, era inizialmente un palazzetto con una modesta facciata. Questa dimora venne una prima volta ampliata intorno al 1630, quando Giovanni Battista fu nominato cardinale, e poi in forme monumentali, quando lo stesso, nel 1644 fu eletto papa col nome di Innocenzo X, ampiamente nominato in precedenza in questo articolo.
L’incarico della ricostruzione del Palazzo Pamphilj, fu affidato a Girolamo Rainaldi, favorito rispetto ai grandi architetti del tempo per ragioni economiche e sentimentali. A questo fu affiancato il giovane Francesco Borromini, il cui operato si limitò al progetto del Salone e della Galleria.
Furono acquistate alcune case adiacenti al vecchio edificio ed i lavori procedettero assai rapidamente, tanto che nel 1651 furono terminati. Il Rainaldi, nonostante vincolato dalle preesistenti costruzioni, riuscì a realizzare un edificio che, nel complesso, risultò piuttosto unitario. L’architettura del palazzo non presentò, comunque, grande originalità, ma la decorazione della Galleria, dovuta a Pietro da Cortona, rese l’opera un gioiello del Barocco.
Il Palazzo, all’esterno dominava la piazza e all’interno era straordinariamente sontuoso. Le stanze avevano nomi che derivavano dai soggetti degli affreschi che le decoravano: Sala di Bacco, Sala di Ovidio, Sala delle Marine, Sala di Mosè.
Sicuramente, però, l’ambiente migliore era rappresentato dalla Galleria di Enea, che raccontava la storia del Troiano Enea, sbarcato sulle coste del Lazio, per dare origine a una nuova stirpe di conquistatori: i Romani.
Si tratta di un corridoio lungo 33,20 metri e largo 7,20 metri. La Galleria aveva lo scopo di suscitare stupore. La pittura era leggera e dinamica, piena di vitalità e di fantasia, caratterizzata da colori chiari e luminosi che davano un’impressione di grande eleganza.
Quando i Pamphilj si insediarono in un nuovo edificio in via del Corso, il palazzo di Piazza Navona fu lasciato e dato in affitto, tra gli altri, all’Accademia Filarmonica Romana. I palazzi furono chiamati, anche quando la famiglia prese il nome di Doria-Pamphilj, con lo stesso nome di Palazzo Pamphilj o Palazzo Pamfilio, il quale venne acquistato dal Brasile nel 1920 e attualmente usato come ambasciata. E’ anche la sede di esibizioni artistiche e culturali.